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Concetti Chiave

Come è possibile rappresentare i concetti della complessità?

Il Cecan – Centre for the Evaluation of Complexity Across the Nexus, in un progetto coordinato dalla professoressa Joanna Boehnert, ha realizzato il Manifesto “The Visual Representation of Complexity”, in cui sono sintetizzati 16 concetti del pensiero complesso, e per ognuno sono fornite una definizione, degli esempi e una rappresentazione grafica.

Il Complexity Education Project ne ha curato la traduzione in italiano (responsabile della traduzione e localizzazione: Massimo Conte).

 

 

 

Per Saperne Di Più

Negli ultimi anni, in ambito organizzativo è cresciuto l’utilizzo del termine VUCA per indicare un ambiente complesso e incontrollabile, a complessità crescente.

Si tratta in realtà di un acronimo che sintetizza Volatility, Uncertainty, Complexity and Ambiguity, traducibili in italiano con Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità. Per Saperne Di Più

Informazione che si replica in rete senza bisogno dell’intervento umano. Il termine (in inglese abbreviato spesso in teme) è stato proposto da Susan Blackmore in una conferenza TED del 2008 per indicare un nuovo replicatore di informazione che si aggiunge ai due conosciuti: il gene, che agisce da miliardi di anni nelle forme viventi; e il meme, che agisce da milioni di anni nella specie umana.

“L’umanità ha deposto un nuovo tipo di meme, il teme, che si diffonde attraverso la tecnologia e inventa modi per mantenersi in vita”, afferma la studiosa, che azzarda l’ipotesi che pool di tecnomemi potrebbero sopravvivere a una estinzione della vita sul nostro pianeta, replicandosi ed evolvendo nelle reti tecnologiche che non necessitano di ossigeno e di equilibri termici come i geni e i memi.

Nel quadro dello storico, oltre che ricco e articolato, dibattito – non soltanto accademico-scientifico – relativo al metodo scientifico ed alla distinzione tra scienze naturali e discipline umanistiche, possiamo senz’altro partire da un presupposto:

«Elaborare la differenza fra scienza e discipline umanistiche è stato a lungo una moda ed è diventato noioso. Il metodo di risoluzione dei problemi, il metodo delle congetture e delle confutazioni sono praticati da entrambe. È praticato nella ricostruzione di un testo danneggiato, come nella costruzione di una teoria della radioattività». K.R.Popper

«Il metodo delle scienze sociali, come anche quello delle scienze naturali, consiste nella SPERIMENTAZIONE di TENTATIVI di SOLUZIONE per i loro PROBLEMI»

Il «METODO SCIENTIFICO» sistematizza il METODO PRESCIENTIFICO dell’imparare dai nostri ERRORI; lo sistematizza grazie alla DISCUSSIONE CRITICA (cfr. K.R.Popper et al.).

Le IPOTESI sono TENTATIVI DI SOLUZIONE DEL PROBLEMA –> FALSIFICAZIONE DELLE IPOTESI RISULTATE ERRATE e/o INFONDATE (modus tollens –> tolto x, y si dà, y non è la causa di x)

Dai problemi alle critiche, passando attraverso ipotesi, teorie, verifiche e controlli continui e rigorosi. Non soltanto nelle attività di ricerca delle cd. scienze esatte, bensì anche nei processi (complessi) di interpretazione dei testi si procede ricorrendo al metodo(i) scientifico(i), con tutte le criticità e le variabili del caso da considerare. Non avendo paura di commettere ERRORI, dal momento che, soltanto dalla “fine delle certezze” (Prigogine), possono nascere creatività e conoscenza.

E la creatività è fondamentale. Creatività che (forse) non può essere insegnata e che tende ad essere condizionata dalla nostra “memoria culturale”. Anche in tal senso, INNOVARE SIGNIFICA DESTABILIZZARE (Dominici), accettare il rischio di sbagliare ed essere vulnerabili. L’immaginazione, ancora una volta, gioca un ruolo decisivo, creando ed elaborando IPOTESI che vanno verificate/falsificate/riviste/riformulate continuamente.

 

 

(Dominici 1996 e sgg.) #CitaregliAutori

L’uso della parola rete non come oggetto (per es. rete da pesca), ma come metafora (per es. rete di comunicazioni), si diffonde solo di recente, nell’ultimo decennio del Novecento.

L’assonanza è dunque con i significati portati dall’inglese network (reticolo, a forma di rete) e web (ragnatela, intreccio, ordito), invece che con quelli portati dall’inglese net (rete da pesca, retino).

Nell’accezione di network o web si trova inoltre il significato di rete sia come strumento di organizzazione sia come architettura dei sistemi complessi adattativi.

Nel caso dell’ICT e in particolare del World Wide Web partiamo dal presupposto enunciato nel 1950 da Norbert Wiener, il padre della cibernetica, per cui esiste un’ampia rete di comunicazioni che connette persone a persone, persone a macchine, macchine a persone e macchine a macchine (F. Comunello, Reti nella rete, Milano 2006).

Componenti di una rete sono i nodi (vertice, node) e le connessioni tra nodi (link). Una rete può essere mono-, bi- o multi- dimensionale; la rete Internet che si stende fisicamente (seppure a macchia di leopardo) sulla superficie della Terra si può assimilare a una rete bidimensionale.

(V.E)

La struttura di una rete, sia essa biologica o sociale, naturale o artificiale, ne determina il comportamento in risposta agli stimoli sia interni che esterni.

Si osservano diverse strutture variamente complesse, che si formano in base al processo di crescita della rete e alle logiche che lo determinano; per es., il fatto che i nuovi siti Web per rendersi visibili si aggancino di preferenza ai siti più ricchi, come Facebook o Google, porta automaticamente, senza alcuna regìa centrale, alla formazione di una rete configurata in maniera complessa, con pochi siti ricchissimi di link e moltissimi siti con pochi link. Una rete così configurata assume particolari capacità di resistenza agli attacchi, di velocità di trasferimento delle informazioni, di vulnerabilità ai virus, di sviluppo e di adattamento.

Gli indicatori fondamentali che si possono utilizzare per valutare le caratteristiche strutturali di una rete sono due: la lunghezza caratteristica L, che rappresenta la media dei percorsi minimi che servono per passare da un qualsiasi nodo della rete a qualsiasi altro (gradi di separazione); e il coefficiente di aggregazione o di clustering k, che quantifica l’idea di “vicinato”, misurando in media quanti dei vicini di un nodo sono a loro volta vicini tra di loro. Oltre a questi due principali, ci sono molti altri parametri e indicatori che aiutano a evidenziare le proprietà delle reti che dipendono dalla loro strutturazione.

(V.E)

Via via che il mondo diventava più interconnesso e che i segnali si diffondevano in maniera più veloce, pervasiva ed efficace, da ultimo anche grazie alle reti informatiche, si è fatta evidente l’importanza di studiare e comprendere le reti di relazioni e di comunicazioni che si sviluppano nei sistemi complessi adattativi che caratterizzano i sistemi sociali; in particolare da decenni si sta cercando di utilizzare un nuovo paradigma cognitivo complesso che permetta di avvicinarsi a tutta una serie di sistemi complessi in ambito biologico, sociale e socio-tecnologico, evitando i fallimenti causati dall’utilizzazione del pensiero lineare, deterministico e riduzionista, che non è applicabile a fenomeni e sistemi di tipo complesso, caratterizzati dalla capacità di adattarsi alle variazioni dell’ambiente e nello stesso tempo di contribuire a cambiarlo, in un continuo loop di azioni e retro-azioni.

Per un primo avvicinamento a questi temi, si veda in questo sito la sezione TESTI con i “classici” e le “novità” bibliografiche e o line; in quesa vovce segnaliamo in particolare i volumi pubblicati da autori italiani come G. Bocchi, M. Ceruti, A. Cravera, F. De Toni, A. Gandolfi, G. Gembillo, I. Licata e S. Manghi, o stranieri tradotti in italiano come R. Benkirane, M. Gell-Mann, S. Kauffmann, N. Luhmann, E. Morin e M.M. Waldrop.

(V.E)

Un sistema può essere semplice, complicato, caotico o complesso. Vediamo in sintesi le differenze.

Semplice (etimologia: sine+plico, ovvero senza pieghe) è un fenomeno o un sistema lineare, ripetibile, con un chiaro rapporto di causa-effetto, e di cui è possibile realizzare modelli matematici che permettono di prevederne gli sviluppi.

Complicato (etimologia: cum plico, ovvero con piegature, che è possibile “s-piegare”) è un fenomeno o un sistema scomponibile nelle sue parti lineari, ripetibile (a parità di condizioni al contorno), anch’esso con un rapporto di causa-effetto, e di cui è possibile realizzare modelli matematici che permettono di prevederne gli sviluppi, pur con difficoltà di calcolo e di approssimazione (riferimento al metodo scientifico classico, al riduzionismo e al determinismo).

Complesso (etimologia: cum+plècto ovvero intrecciato, tessuto insieme) è un sistema non lineare, composto di molti elementi collegati tra loro e dipendenti uno dall’altro, non riducibile (l’insieme è superiore alla somma delle parti), non ripetibile né prevedibile, senza più nessun rapporto lineare di causa-effetto; riguarda in particolare i fenomeni biologici e sociali; richiede una visione sistemica, reticolare, non sequenziale.

Nota: esiste una categoria specifica di sistemi dinamici che vengono detti caotici; tali sistemi, pur essendo apparentemente semplici e sottoposti a leggi deterministiche, sono sensibili alle condizioni iniziali e di contorno (e quindi anche a minime variazioni degli input) e danno luogo (output) a evoluzioni descritte nello spazio delle fasi da orbite imprevedibili, diverse tra loro, ma sempre contenute in uno spazio circoscritto, definito dagli attrattori tipici del cosiddetto caos deterministico.

Un sistema può essere considerato complesso e capace di adattarsi all’ambiente circostante quando è costituito da tanti elementi (semplici o complessi a loro volta), connessi tra di loro in una rete di azioni e retro-azioni regolate da leggi locali, e quando nel suo insieme si trova in uno stato dinamico (fuori sia da un equilibrio statico sia da uno stato caotico) e in una condizione tale da poter scambiare energia, materia e/o informazione con l’ambiente, comportandosi come una entità unica. In tali condizioni un sistema complesso adattativo fa emergere dal suo interno, senza bisogno di alcun progettista né di una direzione gerarchica, proprietà e caratteristiche che non sono prevedibili studiando i singoli elementi (cosa che si può fare invece normalmente con alcuni sistemi artificiali progettati a priori, come orologi o motori).

Sono sistemi complessi adattativi tutti i sistemi viventi e quelli sociali, dai formicai alla borsa, dalla biosfera agli ecosistemi, dal cervello ai partiti politici o ai social network; e in particolare si possono considerare sistemi complessi adattativi i sistemi tecnologici e di comunicazione come il World Wide Web e Internet.

Lo studio dei sistemi complessi adattativi rientra nell’ampio e sempre più diffuso paradigma cognitivo trans-disciplinare sviluppatosi con le teorie della complessità, che si pone in posizione complementare rispetto a quello scientifico classico (cartesiano/newtoniano), in quanto adatto a descrivere sistemi non lineari come quelli biologici, ecologici, finanziari, economici, medico-sanitari e in genere sociali.

(V.E)

Tipologia di rete (tradotta di rado con “rete mondo piccolo”) in cui è possibile raggiungere qualunque posizione da qualsiasi altra in pochi passi; è interessante in ambito sociale, ecologico e tecnologico per la sua capacità di diffondere segnali velocemente e in maniera efficace.

Si ha una small world network quando coesistono cluster (agglomerati) di nodi strettamente connessi tra di loro (hub) e collegati con altri cluster da legami cosiddetti deboli, secondo una distribuzione che segue una legge di potenza, che descrive a sua volta la complessità della rete.

Le reti small world sono caratterizzate da alto coefficiente di aggregazione e da pochi gradi di separazione.

La definizione di small world network, anche se trova anticipazioni negli anni ’60 e ’70 del Novecento in studiosi come S. Milgram e M. Granovetter, viene elaborata da D. Watts e S. Strogatz negli anni ‘90 e diffusa da A-L. Barabasi all’inizio del Duemila; più di recente ricercatori e divulgatori come M. Buchanan hanno proposto una suddivisione delle reti small world in due grandi famiglie chiamate “reti aristocratiche” e “reti egualitarie”:

le prime (tipiche scale free network come Internet o il Www) sono caratterizzate dalla presenza di hub che tendono a crescere e dominare nel tempo;

le seconde (come i social network o le linee aeree low cost) presentano vincoli di vario tipo che limitano la crescita degli hub oltre una certa soglia, bilanciandoli con la nascita di hub concorrenti.

(V.E)

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