Articolo di Antonella Sbrilli

Come le opere che realizza ed espone, anche l’attività dell’artista Carolina Lombardi sfugge a una cornice e a una didascalia: diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma; diplomata all’Istituto Centrale per il Restauro e attiva nel campo della conservazione di dipinti; autrice e interprete di testi poetici; esperta di ricamo e di merletto; lettrice giudiziosa di filosofia e di scienza; osservatrice della natura; impegnata per l’ambiente e l’assistenza umanitaria; artista visiva
Questo elenco ordinato di competenze e interessi, che rivela l’ampiezza e la consistenza della formazione dell’artista, ne isola però le componenti, mentre la caratteristica profonda dell’opera di Carolina Lombardi è l’interconnessione fra le parti e gli insiemi, sia nel processo di ricerca, sia nelle forme visibili in cui questo si rivela e concretizza.


Già nel tracciare questa descrizione dell’artista, dunque, si entra nel vivo del concetto di complessità, per cui l’analisi riduttiva e lineare di un fenomeno, per quanto necessaria e inevitabile, cristallizza il fenomeno stesso, e nuove strade vanno cercate per rendere percepibili le tante dimensioni allacciate e mobili che costituiscono le trame della realtà. Proprio all’intreccio continuo e irriducibile della natura, delle relazioni, dei linguaggi, è dedicata la mostra Carolina Lombardi. Ricamando il caos, visitabile fino al febbraio 2024 nel Museo Hendrik Christian Andersen di Roma.

Carolina Lombardi, Testo 10, 100 x 100. Plexiglas e retroilluminazione con luci a led, 2022

Le opere esposte si presentano come stratificazioni di pannelli di plexiglas, retroilluminati con luci a led, in cui reticoli e grovigli di linee colorate, screziate da sequenze di lettere, invitano chi guarda a una esplorazione ravvicinata e a un esercizio di associazioni. Dalla sovrapposizione casuale degli strati emergono infatti tessiture e pattern, imprevisti talvolta dalla stessa autrice, e possibilità di muoversi con lo sguardo sia in profondità, giù nelle trasparenze, sia in orizzontale, seguendo addensamenti e diradamenti di forme senza prospettive, centri, gerarchie; forme che presentano/rappresentano la compresenza incessante di ordine e caos.  
Mappe viarie di agglomerati sconosciuti, filamenti vegetali, catene di cellule, reti neurali, canali e screpolature, ragnatele di scala cosmica, nastri di codici enigmatici.
L’artista spiega di essere partita dall’osservazione delle ragnatele –  come non pensare al ragno che avanza col suo filo di perla innalzando continenti e teorie di luce in una poesia di Emily Dickinson – e di aver intrecciato filati di vario tipo, che sono via via evoluti nei “testi di luce” che si vedono in mostra. 
Consapevole della matrice etimologica comune fra textus e tessuto (e anche fra discursus e intreccio, attorcigliamento), Carolina Lombardi opera una inaspettata ed efficace sintesi visiva e concettuale, percettiva e immaginaria, fra i fili di strutture reticolari e le lettere dell’alfabeto, accostate in sequenze casuali, in cui solo per caso, ogni tanto, può emergere una parola esistente in qualche lingua.  Il  senso è solo una delle miriadi di possibilità che la combinazione e l’allacciamento di elementi produce, e gli andamenti del linguaggio rientrano in un gioco di trame che opera nel grande, nel piccolo, nell’umano, nel “postumano”. 
“Ragni, batteri, reti neurali, piante, fiori, nervature d’ali, insetti, minerali, reticoli sarcoplasmatici, membrane cellulari. Ricamano e sono ricamati incessantemente nel loro aggrovigliarsi relazionale”, scrive l’artista indicando con grande chiarezza, nei suoi scritti,  le voci e le esperienze  (Carlo Sini, Gregory Bateson, Rosi Braidotti, Thich Nhat Hanh, Carlo Alberto Redi) che queste opere contengono e rifrangono, trasformano e accrescono. 
A testimonianza di tale ricerca, è presente in mostra un’opera di cui Carolina Lombardi è coautrice insieme al Physarum Polycephalum, un semplice organismo unicellulare – noto come “melma policefala” – una forma di vita  priva di cervello e sistema nervoso, in grado di nutrirsi e accrescersi, di calcolare e memorizzare strategie, di espandersi sulle superfici ricamando trame che somigliano a merletti, a venature di foglie e a molte altre strutture reticolari dinamiche, apparentemente caotiche, auto-organizzate.  

A sx: fotogramma del video “Physarum Polycephalum” di Carolina Lombardi, 2023; a dx: la melma policefala allevata dall’artista nel suo laboratorio.

Intrigata da questa melma policefala, che – proprio per le sue caratteristiche non binarie – è di aiuto a ricerche astronomiche e biologiche, Carolina Lombardi l’ha allevata nel suo laboratorio, fotografandone il comportamento e montando le migliaia di fotogrammi in time-lapse, in un video, che è parte integrante di questa mostra, così come il vetrino che la contiene.
Una curiosità: amante degli ambienti umidi e ombrosi, la melma – che in mostra è illuminata leggermente per consentirne la visione al pubblico – tende a spostarsi verso i bordi del contenitore. 

Chi si occupa di reti, di fenomeni e di sistemi complessi, trova in Carolina Lombardi un’interlocutrice preziosa.
Oltre alla mostra, il catalogo (De Luca Editori d’Arte) offre riflessioni proficue, sia per comprendere la ricerca dell’artista, sia per connetterla ai temi della complessità.
La direttrice del Museo Andersen, Maria Giuseppina Di Monte, compie un’analisi morfologica delle singole opere, richiamando per affinità diverse e complementari le ricerche di Pollock e del Dada, e si sofferma sugli aspetti tecnici e tecnologici del linguaggio.
Il critico e storico dell’arte Gabriele Simongini ne connette la poetica a testi basilari della poesia moderna, rintracciando la metafora del tessuto e del telaio, della trama e del filatoio in Chlebnikov e Mandel’štam, mentre – durante la presentazione della mostra – ha richiamato le ricerche dell’artista argentino Tomás Saraceno sulle ragnatele e le strutture reticolari. 
Il testo scritto dalla stessa artista Carolina Lombardi (il cui nome contiene la parola ricamo in diverse varianti) illustra le motivazioni, i percorsi, i lunghi processi che hanno portato a questa mostra, attraversando con calviniana leggerezza e sostanziale competenza discipline diverse, temi immensi, materie oscure. 
Infine Valerio Eletti ribadisce nella sua nota in catalogo la profonda affinità dell’opera di Lombardi con lo studio cruciale e spesso ostico dei sistemi complessi, a cui può introdurre come una porta d’accesso visiva e coinvolgente.
Certamente, perché la mostra è in primo luogo un’esperienza percettiva: immerse nella penombra delle sale del museo romano, le forme reticolari intessute da Carolina Lombardi emanano “pulsazioni, vibrazioni”, accendono lo spazio di colori, disorientano, attraggono i visitatori  in derive nei luoghi e non-luoghi delle intricate relazioni di cui facciamo caoticamente parte.

Mostra Carolina Lombardi. Ricamando il caos, a cura di Maria Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini, Museo Hendrik  Christian Andersen, Roma, via Pasquale Stanislao Mancini (22 novembre 2023 – 16 febbraio 2024); catalogo De Luca Edizioni d’Arte.

Antonella Sbrilli
novembre 2023