Cosa hanno in comune pandemie, spettro visivo, meccanica quantistica e le incertezze della nostra vita quotidiana? E che c’entra l’approccio complesso? Parliamo qui di una sapiente e intrigante serie di incontri al margine tra scienza e teatro. 

Parliamo in particolare di tre conferenze/spettacolo presentate al Teatro del Lido di Ostia nell’agosto 2020 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento, grazie al supporto di Affabulazione, una associazione culturale romana (in fondo all’articolo riferimenti e dettagli). 

Perché ne parliamo qui, sul sito del Complexity Education Project? Perché si tratta di esperimenti esemplari che dimostrano che si possono usare gli strumenti tecnologici non solo per razionalizzare (e in qualche caso inaridire) i contenuti, ma anche per rendere più ricca e complessa (“più umana”) l’esperienza scientifica sia per gli esperti che per i curiosi non esperti.  La scienza classica è per definizione deterministica e riduzionista, anche se deve fare i conti con il paradigma cognitivo complesso non appena ci si sposta dalla fisica e dalla chimica classica per sconfinare da una parte nel mondo quantistico e dall’altra in quello del vivente, della biologia o dell’ecologia.

Al Teatro del Lido a Ostia abbiamo visto come un approccio sistemico (multimediale e interattivo) ci possa portare in una area ancora più sofisticata: l’uso del paradigma cognitivo complesso per comunicare anche concetti di fisica classica (come i principi dell’ottica) a un pubblico non esperto, per catturare l’attenzione degli spettatori e coinvolgerli profondamente nel gioco degli esperimenti. Un uso ancora più efficace quando l’argomento affrontato è diventato il meccanismo di diffusione delle epidemie, o il modo di estrapolare le incertezze nei mondi della probabilità, passando dal quantistico (principio di indeterminazione) alle nostre esistenze. Vediamo velocemente i caratteri salienti delle tre serate (raccolte sotto l’ombrello del progetto QuinteScienza) da prendere come riferimento per chi vuole tentare la strada di una divulgazione partecipata.

La prima serata è stata dedicata da Andrea Brunello (direttore del Jet Propulsion Theatre, promosso dalla Compagnia Arditodesio di Trento) a “Il principio dell’incertezza”, ispirato alla figura dell’americano Richard Feynman, premio Nobel per la fisica nel 1965. Una lezione sui misteri e i paradossi della fisica quantistica collegati con l’esperimento della doppia fenditura, con il gatto di Schroedinger, su su fino ai “many-worlds” di Hugh Everett III; da quest’ultima ipotesi di mondi paralleli, emerge un dramma personale di Feynman, che gli fa chiedere se sono praticabili le teorie degli universi probabilistici paralleli: esiste qualche universo in cui la tragedia non è avvenuta? Un percorso giocato fra la recitazione, la lezione universitaria, la proiezione di scenari e formule, la finzione teatrale.

Più classica, anche se supportata da proiezioni accattivanti, è stata la seconda serata, dedicata ai meccanismi delle “Pandemie”, alla loro storia, ai confronti fra i loro parametri, combinati in maniera sempre diversa a seconda delle epoche e delle connessioni attive fra popolazioni confinanti o lontane. Le domande affrontate sono state poche e ben definite: “da dove nascono le pandemie? come mai a un certo punto rallentano o scompaiono? cosa si può fare per evitarle, o almeno per fermarle il prima possibile?”. Le risposte non sono mai state nette, lineari, deterministiche: sono state fatte intuire, con l’aiuto di uno scenario digitale sintetico, fluido, percorribile.

Il culmine dell’esperienza scientifica teatrale è stato raggiunto con la terza serata, intitolata “HyperVision, un viaggio in realtà aumentata alla scoperta della visione dell’Homo Sapiens e di altri animali del pianeta Terra”. Buio in scena, schermo appena illuminato sullo sfondo e in primo piano la silhouette di un ricercatore (Tommaso Rosi, del laboratorio scientifico Level Up di Trento) che indossava una sorta di Oculus Rift per la realtà virtuale immersiva. Tutto lo spettacolo si è poi dipanato sullo schermo, che ospitava le immagini esplorate dal ricercatore con il suo apparato di realtà virtuale dotato di sensori e navigatori. Obiettivo, rispondere alle domande chiave: “Come funziona la visione? Cosa distingue ciò che è visibile da ciò che è invisibile? Quali segreti si nascondono dietro alla nostra percezione cromatica? La trasparenza è un concetto assoluto o dipende dall’occhio che osserva? Cosa vedono api, gatti e serpenti?”  

Alle tre serate che abbiamo descritto, seguono “Vite per la scienza”, una serie di incontri dedicati alle biografie di grandi scienziati come Majorana o Marie Curie. 

I dettagli di tutti gli incontri si possono trovare qui, nel sito del Teatro del Lido