di Massimo Conte

Visual Complexity” è il quinto libro segnalato per la “Biblioteca dei classici della complessità”, al Complexity Literacy Web Meeting dell’autunno 2020, evento co-organizzato dal Complexity Education Project insieme al Complexity Institute.

Di seguito il video della presentazione tenuta durante il Web Meeting, e a seguire l’articolo lungo di cui il video è una sintesi.


Le domande

Con quale immagine rappresenteresti la complessità?

Quali sono le metafore emergenti che meglio ci aiutano ad esprimere la complessità del mondo?

La visualizzazione dati è scienza, tecnica o arte?

 

Perché abbiamo scelto questo libro > L’autore

Le possibili risposte le troviamo nel libro “Visual Complexity: Mapping Patterns of Information”. L’autore è Manuel Lima, designer ed esperto di visualizzazione dati.

Visual complexity nasce come sito web, una vera e propria galleria di visualizzazione dati nell’ottobre 2005, ad opera di Lima.

Nel corso degli anni diventa un riferimento per tutti gli appassionati di design, fino ad arrivare, nel 2020, a raccogliere oltre 1000 esempi di visualizzazioni dati, suddivise in temi e tipologie.

 

Il sommario

Ecco come l’editore Princeton Architectural Press presenta il libro nella versione inglese:

“Oggi la nostra capacità di generare informazioni supera la nostra abilità nel comprenderle. Trovare schemi e fare connessioni significative in reti di dati complesse è diventata una delle più grandi sfide del ventunesimo secolo. Negli ultimi anni designer, ricercatori e scienziati hanno iniziato ad utilizzare un mix innovativo di colori, simboli, grafiche, algoritmi e interattività per chiarire e spesso abbellire il disordine.

Dalla rappresentazione di reti di amici su Facebook all’illustrazione delle proteine nella cellula umana, Visual Complexity presenta cento degli esempi più interessanti di visualizzazioni dati da parte dei migliori esperti del settore.”

 

L’indice dei contenuti

Vediamo i temi principali trattati nel libro.

Introduzione 

L’intersezione di reti e visualizzazione dati esplode nel ventunesimo secolo; il sito Visualcomplexity.com è un progetto on line, una raccolta focalizzata sulla visualizzazione dati.

Come ricorda Manovich nell’introduzione del libro, la visualizzazione di dati complessi si appresta a diventare importante nel ventunesimo quanto la fotografia e il cinema lo sono stati nel ventesimo. L’unicità degli esempi di “information visualization” presentati nel libro sta nel fatto che, rispetto al passato, i designer, gli artisti e gli sviluppatori hanno rappresentato molti più dati e allo stesso tempo hanno individuato relazioni tra più dimensioni dei dati. Si passa cioè da un riduzionismo grafico (ad esempio la rappresentazione tramite diagramma a barre) alla rappresentazione in più dimensioni. Se le tecniche grafiche del diciannovesimo secolo puntavano a semplificare, suddividendo la natura nei suoi elementi più semplici e definendone le regole di funzionamento, l’interesse attuale è finalizzato a comprendere la complessità dei fenomeni (basta pensare alla teoria del caos, all’emergenza, alla teoria della complessità), che si riflette poi nel tipo di visualizzazioni che troviamo attraenti.

Ancora: poiché le visualizzazioni dati sono ora considerate come artefatti artistici e culturali, ci aspettiamo che siano uniche. La definizione del campo della visualizzazione dell’informazione non è così facile: è piuttosto un mix tra scienza, design e arte. È uno strumento per comprendere pattern, connessioni e strutture dei dati. Ciò che distingue questo nuovo metodo e che la collega al campo del design è che la visualizzazione dati è una rappresentazione grafica che facilita la percezione di pattern. L’obiettivo non è soltanto la chiarezza, ma anche trasmettere emozioni in chi guarda. 

L’obiettivo di Lima è di facilitare una comprensione critica dei differenti metodi di visualizzazione di reti. Il libro non raccoglie soltanto un elenco di esempi (risalenti al momento della prima edizione del 2011), ma si pone l’obiettivo di dare una visione complessiva della rappresentazione visiva dei network.

 

Vediamo ora una sintesi dei capitoli principali.

 

  1. The tree of life: l’albero della vita

I diagrammi ad albero sono in qualche modo i precursori dei moderni modelli a rete: sono stati uno strumento importante per interpretare la crescente complessità della comprensione umana del mondo.

L’albero è una metafora universale, nelle religioni spesso si parla di alberi sacri. Nella Bibbia, nella Genesi, si parla dell’albero del bene e del male; nella Kabbalah ebraica c’è l’albero sefirotico. Da Aristotele in poi, e soprattutto nel Medio Evo, la metafora dell’albero viene usata per la classificazione del mondo naturale. 

È una metafora profonda e radicata in noi, che rimane anche nel nostro linguaggio, quando diciamo di voler andare “alla radice del problema” o parliamo di “rami/branche della scienza”. Un esempio interessante è quello di Raymond Lull, con l’Arbor Scientiae del XIII° secolo.

R. Llull, Arbor scientiae (1296)

Facciamo un salto in avanti e arriviamo al 1700: Diderot e D’Alembert collezionano e raccolgono nell’Encyclopédie le conoscenze disseminate in vari ambiti, per trasmetterle alle generazioni successive. Ancora una volta anche in questo caso ricorre l’analogia della ramificazione.

C. Roth, Essai d’une distribution généalogique des sciences et des arts, Encyclopédie (1780)

 

  1. From trees to networks: dagli alberi alle reti

Da un lato la struttura ad albero riflette il nostro bisogno di ordine e semplicità; dall’altra troviamo la rete che meglio rappresenta la struttura degli esseri viventi. Oltre il valore simbolico ed evocativo, il modello dell’albero gerarchico ha diverse connotazioni che sono state criticate nel tempo; alcune voci critiche si sono levate per rifiutare la metafora dell’albero centralizzato e top-down, chiedendo di guardare maggiormente a modelli alternativi più flessibili e adatti.

Deleuze e Guattari, negli anni ’70, hanno proposto il concetto di “rizoma”, inteso come sistema non centralizzato e non gerarchico. A differenza della struttura ad albero, il rizoma connette qualsiasi punto con qualsiasi altro, consentendo l’emergere di una rete flessibile e intercomunicante. Il modello rizomatico ha avuto un’influenza significativa nel pensiero postmoderno, particolarmente in aree come la teoria della comunicazione, quella del cyberspazio, dei sistemi complessi, della narrativa non lineare e degli ipermedia. Il rizoma è una struttura topologica fondamentale della natura.

Qualche decennio prima di Deleuze e Guattari Warren Weaver nell’articolo “Science and Complexity” (1948) divideva la storia della scienza in tre momenti: 

  • dal 17° al 19° secolo ci si è occupati di “problemi di semplicità”, cioè di comprendere l’effetto di una variabile su un’altra variabile;
  • nella prima metà del 20° secolo si è passati a studiare i “problemi di complessità disorganizzata”;
  • dalla seconda metà del 20° secolo fino ad oggi l’attenzione è focalizzata sui “problemi di complessità organizzata”.

Non abbiamo solo riconosciuto l’esistenza di sistemi incredibilmente complessi con un gran numero di variabili, ma abbiamo iniziato a capire che queste variabili sono fortemente interconnesse e interdipendenti.

Molte delle sfide attuali, dalla comprensione di come funziona il cervello fino a come organizziamo le nostre città, riguardano problemi di complessità organizzata che non possono essere analizzati e compresi utilizzando la metafora dell’albero centralizzato. In contrapposizione alle gerarchie top-down, parliamo di fenomeni con proprietà “rizomatiche” come decentralizzazione, emergenza, mutabilità, non linearità, e in ultima istanza, diversità.

Questa interconnessione dei tempi moderni richiede nuovi strumenti di analisi ed esplorazione, ma prima di tutto richiede un nuovo modo di pensare, pluralistico e olistico: il pensiero reticolare.

Esempi di sistemi complessi definiti da un gran numero di elementi interconnessi in forma di rete sono le città, il cervello, il World Wide Web, i gruppi sociali, la classificazione della conoscenza, l’associazione genetica tra specie.

Le reti non sono una struttura onnipresente, ma sono simbolo di autonomia, flessibilità, collaborazione, molteplicità. Va aggiunto poi che modelli ad albero e a rete non sono necessariamente in conflitto: il Network Thinking si propone come punto di vista alternativo e possibilmente complementare di un sistema. Per affrontare le questioni di una natura sempre più complessa e interconnessa, abbiamo bisogno di prendere in considerazione nuovi metodi di analisi, modellizzazione e simulazione. Ci serve un nuovo modo di pensare: agiamo e viviamo in reti, quindi ha (molto) senso che iniziamo a pensare in termini di reti.

Rete prede predatori dell’Oceano Atlantico

  1. Decoding networks: la decodifica delle reti

Si fa risalire la nascita della moderna Scienza delle reti al 1736, con la prima analisi matematica documentata di una struttura reticolare effettuata dal matematico svizzero Eulero per la risoluzione del problema dei ponti di Konigsberg, che cerca di affrontare la questione ragionando in termini topologici.

Negli anni ‘30 del 20° secolo lo psicologo austriaco Jacob Moreno inventa un sistema per rappresentare visivamente le strutture sociali di un gruppo attraverso i sociogrammi. Quella che inizialmente nacque come sociometria diventa successivamente la Social network analysis: si mappano e si misurano le relazioni tra le persone; dimostrando così, per la prima volta, il potere della visualizzazione delle reti, che consentono di mostrare i flussi in tutte le direzioni, tra individui, tra gruppi, mostrando chi è popolare e chi è isolato.

La Network visualization non è una presentazione meramente matematica di un grafo, ma considera i principi di design per creare una rappresentazione comprensibile del sistema. Le reti possono avere interpretazioni multiple, in base al campo di studi in cui si analizzano. Ci sono molte informazioni utili che possono essere estratte da una rete: cosa stanno facendo i nodi? Come interagiscono? Quante connessioni hanno? Cosa condividono? Da queste domande si può arrivare a una tassonomia, una “verità topologica” della rete analizzata. La visualizzazione di reti diventa uno strumento di esplorazione per tradurre la complessità strutturale in approfondimenti utili per la sua comprensione.

La visualizzazione di reti prende dalla cartografia il cercare di combinare insieme scienza, estetica e tecnica. Hanno in comune alcune aspirazioni: semplificare, chiarire, comunicare, esplorare, registrare, supportare.

La rappresentazione di una rete è finalizzata a decodificare visivamente la sua complessità; in particolare le funzioni principali sono cinque: documentare, chiarire, rivelare, ampliare, astrarre.

 

  1. Infinite interconnectedness: interconnessione infinita

La visualizzazione dati, grazie alla grande facilità di accesso ai dati, a partire dagli anni 2000 è arrivata ad un punto di svolta. È iniziata una nuova era di esplorazione, con la mappatura di innumerevoli territori inesplorati. Di per sé il grafo è una struttura apparentemente semplice: nodi e connessioni. Ma è stato utilizzato per rappresentare soggetti e fenomeni quanto più disparati tra loro: persone, aziende, siti web, e-mail, indirizzi IP, router, specie, geni, proteine, neuroni, articoli scientifici, libri o parole. 

Mai prima d’ora avevamo avuto una consapevolezza così profonda di vivere in un mondo fortemente interconnesso e interdipendente.

Rosvall, Bergstrom: Map of science (2007)

  1. The syntax of a new language: la sintassi di un nuovo linguaggio

Nella rappresentazione di reti possiamo individuare una tassonomia emergente: sono i mattoni di un nuovo linguaggio visivo.

S. Posavec, Writing without words

  1. Complex Beauty: Bellezza complessa

Le reti stanno cambiando il nostro modo di vedere e concepire la società, la cultura, l’arte, esprimendo un nuovo senso di bellezza. Per comprendere alcune proprietà “avvincenti” della complessità è necessario analizzare alcuni punti che alternano aspetti scientifici e artistici.

Olismo. Possono esserci diversi metodi di visualizzazione di una visualizzazione complessa, che si giocano su una serie di polarizzazioni: equilibrio – instabilità, simmetria – asimmetria, regolarità – irregolarità, prevedibilità – spontaneità, sottigliezza – densità, neutralità – accentuazione, trasparenza – opacità, precisione – alterazione, piattezza – profondità. Al contrario del riduzionismo, l’olismo ritiene che il tutto sia irriducibile. Questa consapevolezza si è consolidata nella scienza del 20° secolo nella spiegazione dei nuovi sistemi naturali scoperti, nei quali l’intero è fatto di parti interconnesse e interdipendenti.

Codifica della complessità. I frattali sono dei pattern ricorrenti che esprimo autosimilarità, in cui ogni parte ridotta dell’entità è la stessa in proporzione all’intero. Se la natura usa i frattali come elementi di base dei suoi pattern, in qualche modo è possibile immaginare che le persone possiedano una sorta di codifica frattale nel sistema percettivo delle loro menti. Questo spiegherebbe perché siamo così affascinati dalle immagini di reti complesse, che sono una topologia onnipresente in natura.

Complessità ordinata. Murray Gell-mann nel suo “Regularity and randomness: evolving schemata science and the arts” (2003) ricorda che Herbert Simon fece uno studio sul percorso fatto dalle formiche: sembrano percorsi complessi, ma è un programma (inteso come algoritmo) piuttosto semplice, che considera le caratteristiche del terreno e le tracce di feromone. Un altro esempio è il comportamento degli stormi di uccelli, che non è centralizzato ma si autoregola in base a tre regole di controllo locale molto semplici seguite da ogni individuo:

  • separazione, non andare addosso agli altri, mantieni una distanza minima;
  • allineamento, muoviti nella direzione media in cui vanno gli altri;
  • coesione, stai nella posizione media rispetto ai vicini.

È una ricetta semplice, che fa emergere complessità dalla semplicità. Negli anni ‘60 e ‘70 emergono due nuovi campi di ricerca scientifica: i frattali e la teoria del caos, che studia le proprietà dei sistemi complessi dinamici sensibili a piccoli cambiamenti iniziali (in matematica, fisica, economia). Entrambi le teorie portano alla consapevolezza dell’emergence (emergenza), cioè pattern complessi che emergono da interazioni semplici multiple.

Si passa ad nuova prospettiva: ordine e complessità non sono in contrapposizione, ma sono complementari. Sono due poli dello stesso fenomeno, non può esistere l’uno senza l’altra. Così come l’ordine chiede complessità per diventare manifesto, così la complessità ha bisogno di ordine per diventare intellegibile. Sono un’unità nella diversità.

 

Networkism – pensiero reticolare. Si tratta di un nuovo trend artistico, che intreccia tra scienze e matematica. Stimolato da proprietà rizomatiche come non linearità, molteplicità, interconnessione e da progressi scientifici in aree come genetica, neuroscienze, fisica, biologia molecolare, informatica, sociologia, il networkism è una corrente artistica in crescita caratterizzata dalla rappresentazione di strutture grafiche reticolari, cioè illustrazioni di topologie di reti che mostrano pattern di nodi e connessioni. Un esempio di artista di questo trend è Tomas Saraceno.

Tomás Saraceno, Galaxies Forming along Filaments, like Droplets along the Strands of a Spider’s Web, 2009. 

Foto: Alessandro Coco. Courtesy: © Studio Tomás Saraceno.

 

L’idea di rizoma, più volte citata nel libro, mostra una nuova concezione della qualità estetica (opposta alla nostra ossessione per l’ordine, la pulizia, la linearità): la molteplicità e l’interconnessione per esprimere il costrutto del mondo e la sua bellezza invisibile. Come scrive Kevin Kelly “la rete non ha centro, orbite, certezze. È una indefinita rete di cause”.

Dagli atomi, ai neuroni, agli ecosistemi, all’universo si va affermando una nuova concezione della nostra visione scientifica e artistica. La rete non è solo un modello superficiale, ma una una forza strutturale dinamica. Sfida la nozione convenzionale di bellezza, ci mostra ordine nel disordine, unità nella diversità, e che la complessità è stupefacentemente bella.

 

In conclusione

Nonostante il libro sia stato pubblicato quasi 10 anni fa (e sconta in parte questa “età” nelle visualizzazioni presentate, che nel corso del tempo sono diventate ancora più evolute e raffinate) è ancora incredibilmente attuale.

Basta pensare al Covid-19 o alle elezioni politiche: la graphicacy diventa una componente emergente dell’educazione di qualsiasi cittadino. E prima ancora della competenza per comprendere i dati che ci vengono presentati, c’è (ci dovrebbe essere) la consapevolezza della complessità del mondo, come ricorda più volte Manuel Lima, che viene poi rappresentata, elaborata, valorizzata attraverso il design.

Scienza, arte e tecnica allo stesso tempo: vedere la complessità del mondo grazie al Network Thinking, padroneggiare le tecniche di design e tradurre la sostanza in forma: una visualizzazione dati che emoziona, che comunica, che rende consapevoli.

La lettura di Visual complexity è prima di tutto un’esperienza estetica, una meta-esplorazione: l’esplorazione di più esplorazioni, nuovi linguaggi che cercano di restituire e sintetizzare senza perdere informazione, di creare il nuovo salvaguardando la comprensibilità.

Un’esperienza per gli occhi, la mente, il cuore.